Cooperativa WBO Italcables: “da noi stessi la soluzione del problema lavoro”

“Nel pieno della desertificazione industriale inflitta al nostro territorio e al Mezzogiorno in generale, con la conseguente, continua perdita di posti di lavoro, abbiamo pensato che dovevamo reagire partendo da noi stessi, dalle nostre professionalità, dai nostri saperi e dalle nostre ultime risorse economiche”.

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“Abbiamo intrapreso un percorso non privo di difficoltà, dove il lavoro si riprende il lavoro”. “Non ci potevamo arrendere alla violenza che stavamo subendo, quella di toglierci lo strumento indispensabile per affermare la nostra dignità”. “Mai avremmo immaginato di diventare imprenditori di noi stessi, ma non abbiamo aspettato di farci mantenere dagli ammortizzatori sociali”. “Rimanere uniti ha pagato ed oggi possiamo ripartire a testa alta, con tanta strada ancora da fare ma decisi a riprenderci almeno quel 50% di produzione che la vecchia proprietà ci ha strappato senza pensare che dietro a tutto questo ci sono delle persone, delle famiglie”. Sono le voci dei 51 lavoratori della Cooperativa WBO Italcables di Caivano, in provincia di Napoli, ex Italcables Spa, azienda metalmeccanica di livello internazionale, con una storia antica, leader nella produzione di acciaio ad alto tenore di carbonio per cemento armato precompresso, destinato alla produzione di viadotti, ponti, dighe, gallerie, tiranti, infrastrutture per il settore ferroviario e degassificatori, che hanno rilevato lo stabilimento con i macchinari che l’ultima proprietà, una multinazionale con sede in Portogallo, aveva avviato alla liquidazione e che teneva chiuso da oltre due anni.

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Lo hanno inaugurato lo scorso 3 dicembre con una festa in cui sono saltati tutti i possibili cerimoniali, in un’atmosfera di rivincita e ripartenza in cui l’entusiasmo e la speranza sono stati contagiosi. Mostrano con orgoglio la fabbrica ma, soprattutto il piazzale antistante dove sono depositate le matasse di vergella, la materia prima con cui si producono i trefoli, “il segno tangibile che si è tornati a produrre e finché i tir continueranno a scaricare vergella e caricare trefoli vorrà dire che le cose vanno bene”. Una storia che insegna come l’orgoglio di un gruppo di lavoratori, con vicende e provenienze personali tanto diverse, avviati alla mobilità e, quindi, di fatto estromessi dal ciclo produttivo, una storia cioè di ‘ordinaria’ oppressione, possa diventare una storia di formazione di una coscienza collettiva e di straordinaria resistenza e come questa, attraverso la costituzione di una cooperativa per la gestione della fabbrica, passando così dalla protesta alla costruzione dell’alternativa, si sia trasformata in intervento sociale, assunzione diretta di responsabilità. Un lavoro lungo, paziente, fatto di giorni che non passano mai cercando una soluzione possibile alla mancanza di stipendio (si tratta perlopiù di famiglie monoreddito), con momenti drammatici in cui tutto sembra perduto “e non sai come guardare negli occhi i tuoi figli e spiegargli che tutto dovrà cambiare radicalmente, perché non puoi immaginare un futuro senza lavoro”. Allora si comincia a parlare, scatta una solidarietà interna tra lavoratori e non esistono più le differenze tra operai, funzionari e quadri. Si comincia a ricostruire tutto, dall’organizzazione al linguaggio. Passano mesi in cui si presidia la fabbrica notte e giorno, organizzando turni, attenti a salvaguardare quel bene prezioso, “comune”, a cui un padrone lontano non ha saputo dare il giusto valore. A un certo punto, al culmine della disperazione, alcuni lavoratori salgono sul tetto dello stabilimento per esprimere quel bisogno negato, quello del lavoro, cercando solidarietà, ascolto. Ma proprio da lì, da quel tetto, scatta la molla: “non può finire così!”. “Da quel momento – dice Matteo Potenzieri, presidente della Cooperativa – abbiamo iniziato un percorso fatto di molti incontri importanti, ma alcuni in particolare ci hanno concretamente aiutato a costruire la svolta, a partire dal ministero dello Sviluppo economico che ha concesso l’apertura di un tavolo di crisi”.
Legacoop Campania è uno di questi incontri. Infatti, con la sua struttura tecnica, in particolare il direttore, Rosario Florio, l’Associazione ha sostenuto il progetto sin dall’inizio, affiancandosi ai lavoratori nell’elaborazione del business plan, nella costituzione della cooperativa, nell’interlocuzione con il commissario liquidatore per l’acquisto del ramo d’azienda e nella ricerca dei capitali necessari per l’avvio dell’attività. I 51 soci lavoratori, oltre a mettere tutte le competenze professionali, tecniche e manageriali, hanno investito totalmente la loro mobilità, 25mila euro ciascuno, e due soci finanziatori li hanno sostenuti con un ulteriore intervento: Coopfond e Compagnia Finanza Impresa (CFI), società partecipata dal ministero dello Sviluppo economico, nata con la Legge Marcora e specializzata nel finanziamento di progetti di workers buy out. Infine, Banca Etica è intervenuta, per il sistema bancario, da subito e, attualmente, sono aperte interlocuzioni con altri gruppi bancari, ma quello dell’accesso al credito continua ad essere un vero problema per le start up e la necessità di prendere decisioni più tempestive può determinare le sorti di molti progetti. Il piano si adegua alle possibilità e, quindi, prevede un fitto del ramo d’azienda per tre anni, al termine dei quali questo fitto costituirà parte rilevante della quota totale necessaria al rilevamento definitivo dello stabilimento, che ha una superficie totale di 75.000 mq, di cui 25.000 coperti. Si sta procedendo al graduale ripristino dell’assetto produttivo ma già a fine agosto 2015 è partito il primo carico della produzione per gli Stati Uniti, stessa destinazione per il prossimo atteso a fine anno.

foto wbo italcables interno fabbrica

La cooperativa WBO Italcables è un’impresa industriale metalmeccanica e, al momento, l’unico workers buy out del settore siderurgico in Italia. Il 50% circa della produzione è destinata all’esportazione: Europa, Nord Africa, Nord e Sud America. Molte sono state le attestazioni di fiducia e di sostegno a questo progetto espresse nel corso della cerimonia inaugurale. A partire dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti: “L’impegno, la passione, la determinazione che questi 51 lavoratori hanno dimostrato nel voler salvare -impegnando le proprie risorse e con il sostegno di Legacoop Campania, di Banca Etica, di Coopfond e di Cooperazione Finanza, Impresa- un patrimonio imprenditoriale e di competenze, evitando di impoverire il tessuto produttivo in un contesto di per sé non certo agevole, meritano un forte incoraggiamento. Questi lavoratori testimoniano come lo strumento cooperativo sia utile per dare risposte concrete ai bisogni delle comunità, nel segno della partecipazione attiva e della responsabilità condivisa. È un bell’esempio di come la collaborazione e la partecipazione contribuiscano ad ampliare le opportunità di crescita e di sviluppo”. Mauro Lusetti, presidente Legacoop, nel sottolineare l’importanza di scommettere su se stessi, dice: “Dall’inizio della crisi Legacoop, attraverso il proprio fondo mutualistico, ha sostenuto 48 workers buy out in tutto il Paese. Abbiamo salvato così oltre 1.200 posti di lavoro e messo in moto investimenti per 56 milioni di euro. In questo modo, soprattutto, abbiamo sostenuto il coraggio di chi, davanti alla perdita del posto di lavoro, non si è rassegnato ma ha voluto scommettere sulle proprie competenze e sul futuro”. Il vice presidente della Camera, Luigi Di Maio, ha inviato un caloroso messaggio ai lavoratori WBO Italcables, definendoli “uomini d’acciaio che hanno deciso di non piegarsi alle solite logiche di sistema” e che li considera “la dimostrazione concreta di come è possibile essere artefici del proprio destino”. Maurizio De Santis, responsabile settore industriale ANCPL Legacoop, sottolinea l’importanza di operazioni come questa, “in cui gli ammortizzatori sociali, destinati a ognuno dei lavoratori, sono stati spesi non per accompagnarli alla disoccupazione ma investiti nel loro futuro, oltretutto così con un grande risparmio da parte dello Stato”. Mario Catalano, presidente Legacoop Campania non nasconde tutto il suo orgoglio: “Questa operazione è stata possibile – dice – perché è scattato innanzitutto un meccanismo di solidarietà tra i lavoratori. Un esempio di Sud operoso e che rifiuta l’assistenzialismo”. Amedeo Lepore, assessore Attività produttive, Regione Campania, auspica una vera e propria contaminazione del territorio da parte di questa esperienza e propone nuove sfide alla cooperazione in un territorio, quello campano, martoriato dalla disoccupazione. “Abbiamo scritto la prima parte della storia – dice Potenzieri, assieme al CdA della Cooperativa, Raimondo Liberatore e Luigi Posillipo i due vice presidenti, Enrico Sorrentino, Giuseppe Cacciola, Pasquale Crespa, Giuseppe Ventriglia, consiglieri – adesso comincia una parte altrettanto impegnativa, forse anche di più, e i bilanci dovranno parlare per noi. Ci auguriamo che, nel frattempo, possano modificarsi anche le condizioni generali affinché si possa concepire una economia, come quella cosiddetta ‘civile’, che metta al centro le persone e la loro umanità e dove l’etica ha un valore fondante”.

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